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il Monumento Dedicato ai caduti del 20 giugno 1859

E' difficile sentirsi Perugini, e non pensare alla propria storia.
Un passato che ci tramanda immagini importanti e ricordi violenti.
L'aria e le pietre della città sono intrise di un forte odore di repressione e sofferenza,
 oscurantismo e povertà, che non si può dimenticare.
A seguito della guerra del sale del 1540 la potente ed orgogliosa Perugia 
perdeva la propria autonomia e finiva per far parte dei possedimenti del Papa.
Nel corso di pi di 3 secoli, fino alla fine del 1800, Perugia veniva aggredita
e sconvolta dal potere temporale dello stato pontificio. 
Il XX Giugno 1859 la città tentava, ancora una volta orgogliosamente 
e coraggiosamente sola, una ribellione contro questa odiata dittatura.
Chiunque ha nel sangue un pò di peruginità conserva nelle proprie vene un sentimento 
ostile verso questo periodo di oscurantismo politico e culturale.

La poesia di D'Annunzio (qui di seguito è possibile leggerne l'inizio) 
dipinge in maniera efficace l'indole dei Perugini 
e la loro malsopportazione per i soprusi:

Perugia

Maschia Peroscia, il tuo Grifon che rampa
in cor m'entrò col rostro e con l'artiglio,

onde tutto il mio sangue acro e vermiglio
delle immortali tue vendette avvampa.

Certo segnato fui della tua stampa
un dì, tra ferro e fuoco io fui tuo figlio:
ancor vivo, quel fecemi il Bonfiglio,
là sul muro ove Totila s'accampa.

Le catene spezzai nelle tue strade,
precipitai gli uccisi per isfregio
dalle tue torri, usai spiedo e roncone.

Brillar vidi tra il rugghio delle spade
il mio sogno di re nell'occhio regio
di Braccio Fortebraccio da Montone.


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I papalini a Perugia. Sangue e saccheggi.

Così i soldati del papa repressero la timida insurrezione risorgimentale umbra.

SANDRO PORTELLI

 Non volevo far passare il Giubileo senza raccontare questa storia.

Io non ne sapevo niente, finché qualcuno non mi ha segnalato una poesia di John Greenleaf Whittier (poeta americano di metà '800, notevole per le sue poesie contro la schiavitù), intitolata "From Perugia":

"Cos'è questo stridore di pifferi e battito di tamburi? Guarda - gli Svizzeri della Chiesa tornano da Perugia, angeli militanti che con la sciabola ribadiscono le missive del buon Padre e i 'lo dice Iddio!' ai malcontenti, maledetti e aborriti, e prestano alla sua logica la punta della spada... Eccoli lì, pugnalatori mercenari, il sangue ancora fresco schizzato come vino rosso dal loro raccolto di carne umana..."

Che diavolo era successo, a Perugia? E' il 14 giugno del 1859. Ottocento giovani perugini sono già partiti per il Nord, volontari nella guerra d'indipendenza. Alle undici di mattina, "tra le acclamazioni della folla che gremiva il Corso", un gruppo di liberali "s'inoltrarono decisamente nel palazzo dei Priori" per comunicare al delegato apostolico "che Perugia voleva essere una città italiana e che si sarebbe staccata dal Papa qualora questi non intendesse aiutare Vittorio Emanuele e Napoleone a cacciare gli austriaci dalla penisola" (Uguccione Ranieri, Perugia della bell'epoca).

Il delegato apostolico lascia la città, senza colpo ferire. Arrivata la notizia a Roma, il segretario di stato cardinale Antonelli ordina alle truppe svizzere, duemila uomini al comando del colonnello Schmidt, di marciare su Perugia. Ci vogliono cinque giorni di marcia. I soldati papalini si fermano a Narni: "nelle osterie si erano mostrati allegrissimi alla notizia che Perugia, anziché arrendersi, si preparava a difesa. Schmidt infatti per incoraggiare i suoi a marciare aveva promesso... il saccheggio della città. I mercenari discutevano addirittura della lunghezza del periodo di saccheggio... e ai narnesi esterrefatti spiegavano: 'A Perugia stare tutti priganti'" (Ranieri).

 Arrivano a Perugia la mattina del 20 giugno. Gli insorti sono poco più di un migliaio, hanno archibugi da caccia e 400 fucili, in parte inservibili, arrivati da Arezzo (Perugia è una città di confine, accanto alla liberale Toscana). Resistono sulle mura e sulle porte, poi nelle strade strette, nelle case, sui tetti. Ci sono i primi morti. Il contingente pontificio infine entra in città, "inferocito per la imprevista resistenza dei perugini e imbaldanzito dalla vittoria" (Luciano Radi, 20 giugno 1859).

Piove furiosamente, le strade sono deserte, c'è il rischio dei cecchini; i saccheggiatori hanno fretta. I soldati del Papa irrompono nel Monastero di San Pietro, non trovano bottino e si sfogano devastando l'archivio e la biblioteca. Invadono i negozi e le case, la gente gli tira tegole dei tetti e qualche colpo di fucile, loro sparano indiscriminatamente alle finestre, ci sono altri morti e feriti, "per lo più donne". "I soldati cominciarono ad assaltare i portoni delle case rimasti chiusi ed, entrati, fecero scempio di cose e persone. Alcuni che coraggiosamente si opposero alle rapine degli oggetti più preziosi e cari, furono selvaggiamente aggrediti ed uccisi. Visto che i negozi degli artigiani e dei commercianti non erano in grado di arricchire il loro bottino, passarono ad incendiarli. Fu il finimondo". Un episodio fra tanti: "la casa del fabbro Mauro Passerini, cittadino di eccellente reputazione, fu saccheggiata, e Passerini stesso e sua moglie Carolina, furono barbaramente assassinati, come pure Candida, cognata del Passerini, che abitava là vicino" (H. Nelson Gay, in Archivio Storico del Risorgimento Umbro, 1907).

L'ambasciatore degli Stati Uniti in Vaticano, Stockton, scrisse al suo governo: "Una soldatesca brutale e mercenaria fu sguinzagliata contro gli abitanti che non facevano resistenza; quando fu finito quel poco di resistenza che era stata fatta, persone inermi e indifese, senza riguardo a età o sesso, furono, violando l'uso delle nazioni civili, fucilate a sangue freddo". Il cappellano delle truppe pontificie riferì "con entusiasmo" che "i nostri soldati massacravano quanto trovavano in queste case". Giuseppe Porta, segretario del comune, va per negoziare sventolando una bandiera bianca, ed è abbattuto a fucilate. Alla fine, il conto dei cittadini uccisi è di ventisei. I feriti sono innumerevoli, i danni incalcolabili. "Il sentimento [del cardinale] Antonelli alla prima notizia della repressione dell'incipiente rivoluzione in Perugia, era stato di pura e semplice contentezza. Il Papa, 'onde manifestare la somma sua soddisfazione' aveva immediatamente promosso il colonnello Schmidt, che comandava gli svizzeri pontifici vincitori, al grado di generale di brigata" (Nelson Gay). Bava Beccaris non è dunque il primo massacratore decorato della nostra storia.

"E' costui Pio Nono il misericordioso, al cui avvento cantammo osanna e illuminammo Roma", chiede retoricamente Whittier, "e sognammo l'inizio di una nuova era?". Non è un caso che siano Whittier e Stockton a protestare. Infatti la soddisfazione del cardinale Antonelli e del Papa è guastata da un incidente diplomatico. In un albergo di Perugia soggiorna in quel momento una famiglia americana, i Perkins, che sta facendo il classico grand tour europeo; quando gli svizzeri vi fanno irruzione uccidendo il proprietario e un domestico, i Perkins vengono malmenati, derubati, minacciati. Sarebbero stati tutti massacrati, scriverà poi il nuovo delegato apostolico, se un soldato di nome Conrad Wellauer ("più degli altri umano" scrive Gay: antenato del "tedesco buono" di tanti racconti sulla seconda guerra mondiale) non si fosse messo in mezzo dicendo che era da vigliacchi uccidere delle donne. Mentre i soldati del Papa saccheggiano e distruggono, i Perkins devono nascondersi in un soffocante stanzino. Il giorno dopo, uscendo per mettersi in salvo, scavalcano cinque o sei cadaveri abbandonati in strada. L'aggressione agli stranieri fa uscire la vicenda dai confini dello Stato Pontificio: se ne parla sul Times, diventa un caso diplomatico, l'America la prende a cuore. Gli Stati Uniti democratici sono fortemente critici verso i governi dispotici europei, e sono assai attenti alla sicurezza dei loro cittadini all'estero (più di una volta, ne faranno casus belli coi loro vicini).

In questo momento, sono alle prese sia con una virulenta campagna anticattolica di movimenti nativisti secondo cui gli immigrati irlandesi sono per lingua e religione inassimilabili alla democrazia americana (come gli islamici nell'Italia del cardinale Biffi e della giunta del Friuli), sia con le campagne antischiaviste che mettono all'ordine del giorno le questioni di libertà (sui fatti di Perugia si pronuncia anche Harriet Beecher Stowe, autrice della Capanna dello zio Tom).

Infine, l'Italia è da sempre sotto gli occhi di scrittori, artisti, intellettuali. Pochi anni prima Margaret Fuller, protagonista del primo femminismo americano, ha partecipato attivamente alla repubblica romana e ne ha informato i lettori delle riviste trascendentaliste con appassionati reportage. "Da oltre il mare - scrive Whittier in un'altra poesia intitolata "Italy" - nelle pause del vento e delle onde ho sentito i gemiti delle nazioni. Il loro sangue, le loro ossa gridavano sotto la tortura, schiacciate dai troni, succhiate da preteschi cannibali". Dopo una prima risposta arrogante, il cardinale Antonelli si affretta perciò a risarcire i Perkins e chiudere il caso.

Tuttavia, il danno all'immagine internazionale della Santa Sede resta; sono anche gli anni di un altro scandalo internazionale, il caso Mortara, il bambino ebreo rapito e convertito a forza. Adesso sarà più difficile per le potenze europee difendere il potere temporale dei papi. Un anno dopo, arrivando a Perugia, la scrittrice francese Louise Colet nota che per strada si vedono solo "mendicanti, soldati svizzeri e austriaci, preti e monaci" e l'unica voce è quella di un sergente che impartisce ordini in tedesco.

"Ogni giorno," annota, i soldati papalini "insultavano i cittadini, tutto era pretesto per le loro brutalità"; infastidiscono le ragazze, picchiano chi porta i baffi in fogge sovversive, si scontrano con i pochi carabinieri italiani che non hanno disertato per unirsi alla lotta per l'indipendenza (Alberto Sorbini, Perugia nei libri di viaggio dal Settecento all'unità d'Italia). L'ordine è tornato a Perugia, come scrisse il Giornale di Roma, "con soddisfazione dei buoni". In un'assemblea scolastica sui libri di testo, ho raccontato questa storia di cui i libri di testo (accusati di faziosità comunista) non parlano mai. Un ragazzo mi ha contestato - sono cose di tanto tempo fa, non hanno rapporto con il presente. Più tardi, un altro gli ha ricordato che il Papa che promosse generale il colonnello Schmidt è lo stesso che è stato promosso beato appena pochi mesi fa, nell'anno del giubileo.